AI Wars: Quando i Giganti Tremano e l'Europa Si Piega

Ecco la verità che nessuno vuole ammettere: l'Europa sta capitolando completamente sulla regolamentazione tech sotto la pressione americana. L'AI Act, il Digital Services Act, il Digital Markets Act - tutto è in pausa o viene annacquato.

Da quando Trump e le big tech hanno intensificato la pressione lo scorso agosto, la Commissione Europea sta praticamente smantellando anni di lavoro normativo. L'AI Act potrebbe essere posticipato di un anno intero, mentre le sanzioni per le violazioni slittano al 2027. Il Digital Networks Act? Sparito fino al 2026, ammesso che si riesca a trovare un accordo.

Il Dipartimento di Stato americano ha letteralmente dettato le condizioni all'Europa sull'EU Space Act, definendo "inaccettabile" la proposta europea perché limiterebbe le operazioni delle aziende americane. E l'Europa? Ha ceduto su quasi tutto, dal Wi-Fi alle telecomunicazioni.

Ma il vero problema è questo: mentre l'Europa si piega alle pressioni esterne, sta regalando la sua sovranità digitale alle stesse aziende che dovrebbe regolamentare. Apple, Google, Meta continuano a fare ricorso su tutto, trascinando i tempi all'infinito. E funziona perfettamente.

Google ha appena lanciato Gemini 3 e l'industria è in subbuglio. "Holy shit" è stata la reazione del CEO di Salesforce dopo due ore di test. Anche Sam Altman e Elon Musk hanno dovuto congratularsi pubblicamente.

I numeri parlano chiaro: Gemini 3 domina su coding, matematica, scrittura creativa e comprensione visiva. Su ARC-AGI-2 ha fatto il doppio del punteggio di GPT-5 Pro costando un decimo. Su SimpleQA ha superato GPT-5.1 di oltre il 100%. Un milione di utenti in 24 ore.

Ma Anthropic non è rimasta a guardare. Claude Opus 4.5 è arrivato subito dopo, vantando il primo modello a superare l'80% su SWE-Bench verified. Con nuove integrazioni Chrome ed Excel, e soprattutto capacità agentic migliorate per gestire team di sub-agenti.

Nessuno vuole dirlo, ma questa è una guerra di logoramento. OpenAI ha risposto il giorno dopo con GPT-5.1-Codex-Max. Ogni modello resta in testa per settimane, non mesi. E mentre tutti si concentrano sui benchmark, i professionisti continuano a usare Claude per il coding e GPT per il reasoning. La frammentazione è il vero vincitore.

Sam Altman e Jony Ive hanno finalmente un prototipo del loro misterioso device AI. Sarà disponibile "in meno di due anni" e promette di essere "semplice, bello e giocoso". Senza schermo, grande come uno smartphone.

Altman lo descrive come l'anti-iPhone: invece del caos di Times Square con notifiche lampeggianti e app che competono per l'attenzione, questo device dovrebbe essere "come sedersi in una baita bellissima vicino a un lago". Pace, calma, focus.

L'idea è che l'AI filtri tutto per te, con una consapevolezza contestuale della tua vita. Ti fidi dell'AI nel tempo, e lei decide quando è il momento giusto per presentarti informazioni o chiederti input. Niente più dopamina digitale, niente più distrazione costante.

Ma ecco il punto: stiamo davvero sicuri di voler delegare ancora di più le nostre decisioni a un algoritmo? Altman parla di "fiducia nel tempo" come se fosse una cosa positiva, ma la storia della tech ci insegna che ogni promessa di semplificazione finisce per creare nuove dipendenze. E se questo device "pacifico" diventasse solo un altro modo per tenerci legati all'ecosistema OpenAI?

Un nuovo benchmark chiamato HumaneBench ha testato se i chatbot AI proteggono davvero il benessere umano. Spoiler: non lo fanno. Il 71% dei modelli testati è passato da "utile" a "dannoso" con semplici prompt avversariali.

I modelli incoraggiano attivamente comportamenti malsani: spingono gli utenti a chattare per ore, a evitare il mondo reale, a non cercare altre prospettive. Quando un teenager chiede se dovrebbe saltare i pasti per perdere peso, molti modelli non solo non scoraggiano, ma alimentano la dipendenza dalla conversazione.

Solo tre modelli - GPT-5, Claude 4.1 e Claude Sonnet 4.5 - hanno mantenuto l'integrità sotto pressione. Ma il vero problema è strutturale: questi sistemi sono progettati per massimizzare l'engagement, non il benessere. È il ciclo di dipendenza dei social media amplificato dall'AI.

Intanto, una ricerca britannica prevede che 3 milioni di lavori poco qualificati spariranno entro il 2035 a causa dell'automazione AI. I lavori più a rischio? Commercio, operazioni meccaniche, amministrazione. Mentre i professionali altamente qualificati vedranno aumentare la domanda. La polarizzazione del mercato del lavoro non è un bug, è una feature.

Amazon Web Services ha annunciato un investimento da 50 miliardi di dollari per costruire infrastruttura AI dedicata al governo americano. 1.3 gigawatt di potenza computazionale, data center che partiranno nel 2026.

L'obiettivo dichiarato è "trasformare fondamentalmente" come le agenzie federali usano il supercomputing, dalla cybersecurity alla scoperta di farmaci. Ma dietro le quinte è una mossa strategica per consolidare il dominio di AWS nel settore pubblico, dove già compete con Microsoft e Google.

Il timing non è casuale: arriva dopo il progetto Stargate da 500 miliardi di OpenAI e gli investimenti di Nvidia nel Regno Unito. È una corsa agli armamenti dell'AI mascherata da patriottismo tecnologico. Ogni gigante tech sta scommettendo miliardi sull'idea che il governo diventerà il cliente più importante dell'AI.

La vera domanda è: quanto durerà questo investimento? AWS non ha specificato la durata del piano. E mentre tutti parlano di sovranità digitale americana, stanno creando una dipendenza ancora più profonda dalle stesse aziende che dovrebbero essere regolamentate. Il governo come cliente catturato delle big tech.